N. 8 - 28 May 2007
numero 8
28 May 2007

N. 8 - 28 maggio 2007

In questo numero:
Allarme rosiglitazone da non sottovalutare
Il legame tra salbutamolo e coronaropatie
Farmaci non chemioterapici colpevoli di leucopenia

1 Salbutamolo e cardiopatia ischemica

Le aziende produttrici dei farmaci a base di salbutamolo, di comune accordo con l’EMEA e l’AIFA, hanno inviato ai medici una Nota informativa importante sul legame tra uso del beta agonista e casi di ischemia miocardica.
La segnalazione giunge da una nuova analisi dei dati disponibili al riguardo da parte di Glaxo SmithKline che ha compreso i dati di letteratura, quelli provenienti da studi clinici e le segnalazioni spontanee. In particolare sono stati esaminati i casi di uso del salbutamolo nel parto prematuro (indicazione peraltro non registrata in Italia) e si è visto che in effetti esiste un nesso tra terapia e comparsa di ischemia miocardica. Dato questo confermato anche nei soggetti trattati con salbutamolo per patologie respiratorie (indicazione registrata). Pur non trattandosi di dati conclusivi, il farmaco sembra facilitare l’insorgenza dell’ischemia, renderebbe cioè manifesta una situazione già a rischio di ischemia miocardica.

CONSIGLI
I pazienti con una grave patologia cardiaca (per esempio: cardiopatia ischemica, aritmia o grave insufficienza cardiaca) trattati con salbutamolo devono essere informati dell’importanza di rivolgersi subito al medico qualora manifestassero dolore toracico o sintomi di peggioramento della patologia cardiaca.
I pazienti già in terapia con il farmaco devono proseguire la terapia come da prescrizione e non devono interromperla senza prima avere consultato il medico.
In caso di inizio della terapia con salbutamolo è bene invece valutare sempre il rischio cardiovascolare e informare il soggetto sui possibili rischi e sui sintomi da riferire con urgenza.

2 Rosiglitazione: potrebbe aumentare il rischio di infarti e morti cardiovascolari

Una metanalisi condotta da due cardiologi di Cleveland, negli Stati Uniti, sull’uso del rosiglitazone nel diabete e pubblicata sul New England Journal of Medicine si conclude con un segnale di allarme: il farmaco sarebbe responsabile di un aumento del numero di infarti del miocardio e della mortalità cardiovascolare.
Lo studio, ripreso dalla FDA oltreoceano, dall’EMEA in Europa e dall’AIFA in Italia, ha analizzato 42 trial controllati e randomizzati della durata di almeno 6 mesi per un totale di 15.560 pazienti diabetici trattati con rosiglitazone rispetto a placebo o a diversi farmaci antidiabetici. Una volta terminata la metanalisi si è osservato un odds ratio per l’infarto del miocardio di 1,43 (limiti di confidenza al 95% da 1,03 a 1,98, p=0,03) e per la mortalità cardiovascolare di 1,64 (limiti di confidenza al 95% da 0,98 a 2,74, p=0,06). In sostanza ci sarebbe un aumento del 43% del rischio di infarto e del 64% della mortalità cardiovascolare. Dati questi in linea con altri in possesso della FDA (aumento del 31% del rischio di infarto miocardico), ma contrastanti con i risultati di altri studi precedenti che non facevano emergere tale legame.
La metanalisi, come ammesso dagli stessi autori dello studio, ha alcuni possibili difetti, “ciononostante i pazienti e i medici dovrebbero prendere in considerazione i potenziali gravi effetti avversi cardiovascolari del trattamento con rosiglitazione nel diabete di tipo 2” concludono nel loro lavoro, nel quale ipotizzano anche che l’azione negativa del farmaco sia dovuta all’aumento delle LDL in corso di terapia.
Ora l’FDA ha chiesto all’azienda produttrice, la GlaxoSmithKline di avere a disposizione tutti i dati in suo possesso per condurre un’analisi indipendente per definire il profilo di sicurezza del farmaco.

CONSIGLI
Nell’attesa dell’analisi dei dati originali, si ricorda ai medici di prescrivere il farmaco secondo le indicazioni e ai dosaggi previsti dalla scheda tecnica, chiarendo anche al paziente i possibili rischi cardiovascolari.
I soggetti già in terapia non devono interrompere il trattamento ma discutere con il medico come e se proseguire nella terapia.

BIBLIOGRAFIA
Nissen S, Wolski K. Effect of rosiglitazone on the risk of myocardial infarction and death from cardiovascular causes. N Enl J Med 2007;356, DOI: 10.1056/NEJMoa072761.
Psarty B, Furberg C. Rosiglitazone and Cardiovascular Risk. N Engl J Med 356, DOI: 10.1056/NEJM e078099.
Anonimo. Rosiglitazone: seeking a balanced perspective. Lancet 2007; DOI:10.1016/S0140-6736(07) 60787-9.

3 Agranulocitosi infrequenti e trattate

Non solo i chemioterapici antitumorali possono causare una agranulocitosi. Conducendo un’analisi della letteratura pubblicata al riguardo in Medline ed Embase, alcuni ricercatori dell’Università di Berlino hanno infatti identificato dal 1966 al 2006 980 casi di agranulocitosi da farmaci non antiblastici. Di questi nel 6% dei casi il legame tra evento e farmaco era certo, nel 44% probabile, nel 49% possibile e nell’uno per cento improbabile.
In totale i farmaci implicati erano 125, ma 11 in particolare erano responsabili di oltre il 50% delle segnalazioni: carbimazolo, clozapina, dapsone, dipirone, metimazolo, penicillina G, procainamide, propiltiouracile, rituximab, sulfasalazina e ticlopidina.
La mortalità di questi pazienti era alta prima dell’ingresso in terapia dei fattori di crescita emopoietici, mentre dal 1995 le nuove terapie hanno abbreviato i giorni di neutropenia grave e ridotto la mortalità al 5-6% attuale.

BIBLIOGRAFIA
Andersohn F, Konzen C, Garbe Edeltraut. Systematic review: agranulocytosis induced by nonchemotherapy drugs. Ann Intern Med 2007;146:657-665.

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