N. 52 - 2 November 2009
numero 52
2 Nov 2009

numero 52 - 2 novembre 2009

In questo numero:
SSRI
in gravidanza
Risposta anticorpale ridotta con il paracetamolo
Zanamivir mai per nebulizzazione

1 I rischi degli SSRI in gravidanza

Due studi a firma degli stessi ricercatori danesi pubblicati su due riviste diverse cercano di fare chiarezza sugli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) in gravidanza, sul loro effetto teratogeno e sull’esito della gestazione.
Il primo studio di coorte ha analizzato i dati di 493.113 bambini nati in Danimarca tra il 1996 e il 2003 puntando l’attenzione sulle malformazioni. L’uso degli SSRI non si associava a un aumentato rischio di malformazioni maggiori, ma faceva aumentare quello di difetti del setto cardiaco (odds ratio in caso di uso di SSRI 1,99, limiti di confidenza al 95% da 1,13 a 3,53). In particolare si associavano a tale malformazione la sertralina (odds ratio 3,25, limiti di confidenza al 95% da 1,21 a 8,75) e il citalopram (odds ratio 2,52, limiti di confidenza al 95% da 1,04 a 6,10).
Nel secondo studio è stato valutato l’esito della gravidanza in 329 donne trattate con SSRI rispetto a 4.902 gravide con malattia psichiatrica ma non trattate con farmaci e 51.770 gravide senza storia di malattia psichiatrica. L’esposizione ai farmaci durante i nove mesi di gestazione si associava a un maggiore rischio di parto pretermine (odds ratio 2,0, limiti di confidenza al 95% da 1,3 a 3,2), di indice di Apgar <8 a 5 minuti (odds ratio 4,4, limiti di confidenza al 95% da 2,6 a 7,6) e di ricovero in unità intensiva (odds ratio 2,4, limiti di confidenza al 95% da 1,7 a 3,4).

In pratica
La prescrizione di un anti depressivo in gravidanza deve tener conto dei rischi e dei benefici per la singola paziente.
Nel caso specifico degli SSRI occorre tener presente il rischio di difetti del setto atriale, variabile tra l’altro per le varie molecole della classe, e le possibili conseguenze negative al momento della nascita.

Bibliografia
Pedersen L, Henriksen T, et al. Selective Serotonin Reuptake Inhibitor in pregnancy and congenital malformations: population based cohort study. Brit Med J 2009;339:b3569.
Lund N, Pedersen L, et al. Selective Serotonin Reuptake Inhibitor exposure in utero and pregnancy outcomes. Arch Pediatr Adolesc Med 2009;163:949-54.

2 Niente paracetamolo prima del vaccino

La somministrazione profilattica di paracetamolo in caso di vaccinazione per evitare il possibile rialzo febbrile nei bambini riduce la risposta anticorpale e andrebbe quindi evitata.
La comparsa di febbre dopo una vaccinazione è un evento frequente, tanto che in alcuni casi viene adottata come prassi la somministrazione di tre dosi di paracetamolo nelle 24 successive con l’obiettivo di ridurre l’incidenza di eventuali convulsioni febbrili.
Un gruppo di pediatri della Repubblica Ceca ha realizzato uno studio controllato e randomizzato in aperto su 459 bambini sottoposti a una polivaccinazione (anti pneumococco, anti emofilo, anti difterite, tetano pertosse, epatite B e poliovirus e anti rotavirus) e trattati o meno con la profilassi antipiretica dopo la prima e dopo la seconda dose del vaccino.
Nel gruppo senza paracetamolo come atteso era maggiore l’incidenza di febbre >38°C dopo la vaccinazione (dopo la prima dose di vaccino: 66% rispetto al 42% dei bambini sottoposti a profilassi; dopo la dose di richiamo: 58% rispetto al 36%). La concentrazione sierica degli anticorpi stimolati dalla vaccinazione contro pneumococco, emofilo, difterite, tetano e pertosse era però significativamente inferiore nei bambini trattati con il paracetamolo indipendentemente dalla riduzione febbrile.

In pratica
La profilassi con paracetamolo prima di una vaccinazione non è consigliabile perché riduce la risposta anticorpale al vaccino.
Va quindi evitata tale prassi di routine, riservandola a casi selezionati.

Bibliografia
Prymula R, Siegrist C-A, et al. Effect of prophylactic paracetamol administration at the time of vaccination on febrile reactions and antibody responses in children: two open-label, randomised controlled trials. Lancet 2009;374:1339-50.

3 Zanamivir da inalare, non da nebulizzare

L’azienda produttrice dello zanamivir ha ricevuto la segnalazione di un decesso in un paziente con influenza trattato con il farmaco nella formulazione polvere per inalazione che era stato solubilizzato e somministrato attraverso ventilazione meccanica.
Si trattava di una donna in gravidanza sottoposta a ventilazione meccanica alla quale è stata somministrata una soluzione di zanamivir preparata dalla polvere prelevata da Relenza Rotadisk® e quindi somministrata per nebulizzazione per 3 giorni. La morte è stata attribuita all’ostruzione del ventilatore che sarebbe stata secondaria alla collosità del lattosio presente nella polvere di zanamivir per inalazione. Nonostante l’azienda ricordi che in fase di sperimentazione era stata valutata la possibilità di una formulazione acquosa del farmaco, tale formulazione non è stata ulteriormente sviluppata e non è mai stata usata la polvere a base di lattosio attualmente contenuta nel prodotto in commercio.

In pratica
  • Lo zanamivir in polvere da inalazione non è idoneo alla ricostituzione in qualsiasi formulazione liquida e non è raccomandato per l’impiego in qualsiasi nebulizzatore o nella ventilazione meccanica.
  • Lo zanamivir non è stato approvato per la nebulizzazione da nessuna autorità regolatoria e la sicurezza, l’efficacia e la stabilità dello zanamivir impiegato mediante nebulizzazione non sono state stabilite.

Per saperne di più
Il comunicato dell’AIFA

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