N. 49 - 16 September 2009
numero 49
16 Sep 2009

n. 49 - 16 settembre 2009

In questo numero:
Metilfenidato e rischio cardiovascolare
Rosiglitazone e pioglitazone a confronto sulla sicurezza
Terapia ormonale nel cancro della prostata: quando va evitata

1 Rivalutato il rapporto rischi/benefici del metilfenidato

Il rapporto rischi/benefici dei prodotti contenenti metilfenidato per il trattamento dell’ADHD nei bambini dai 6 anni di età in su è favorevole anche dopo la nuova valutazione condotta dal Comitato per i medicinali a uso umano (CHMP) dell’Agenzia europea dei medicinali (EMEA). IL CHMP ha raccomandato perciò il mantenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio modificando però il riassunto delle caratteristiche del prodotto e del foglio illustrativo.
A metà giugno la Commissione europea ha chiesto l’avvio di una procedura di arbitrato per i farmaci contenenti metilfenidato, avendo ritenuto che andassero valutati alcuni problemi sulla sicurezza d’uso.
Gli esperti del CHMP hanno passato in rassegna i dati disponibili di sicurezza provenienti da studi clinici, studi preclinici, segnalazioni spontanee e letteratura pubblicata. Per quanto riguarda i rischi cardiovascolari è stato riconosciuto che esiste un rischio potenziale (segnalati casi di ipertensione, tachicardia, aritmie, allungamento del QT), per cui è stato chiesto di sviluppare la parte delle informazioni sul prodotto con consigli sulla valutazione pretrattamento dei pazienti e sullo screening e il monitoraggio continui in corso di terapia. Inoltre è stato chiesto l’aggiornamento dei paragrafi del riassunto delle caratteristiche del prodotto (RCP) relativi alle controindicazioni e alle avvertenze, l’armonizzazione delle informazioni sulle reazioni avverse, il controllo della posologia e dell’uso e l’aggiornamento delle informazioni sull’uso in gravidanza e durante l’allattamento.
Il foglio illustrativo è stato modificato in base all’aggiornamento proposto del riassunto delle caratteristiche del prodotto. Il foglio illustrativo sarà valutato in termini di leggibilità per l’utilizzatore e i risultati saranno sottoposti alle autorità regolatorie.

Per saperne di più
Le conclusioni scientifiche del CHMP

2 Glitazoni a confronto sul cuore

Alla ormai annosa questione sulla sicurezza cardiovascolare dei glitazoni si aggiunge un importante tassello grazie a un gruppo di ricercatori di Toronto in Canada che hanno condotto uno studio retrospettivo di coorte su 39.736 soggetti diabetici (oltre i 66 anni di età) trattati tra il primo aprile 2002 e il 31 marzo 2008 con pioglitazone o con rosiglitazone. Il disegno dello studio era mirato a confrontare l’effetto dei due farmaci sul profilo cardiovascolare, utilizzando un esito composito (morte o ospedalizzazione per infarto miocardico o scompenso cardiaco).
Nei sei anni di studio l’esito composito si è verificato nel 5,3% dei pazienti trattati con pioglitazone e nel 6,9% dei soggetti trattati con rosiglitazone (hazard ratio 0,83, limiti di confidenza al 95% da 0,70 a 0,90). L’analisi secondaria sui singoli esiti separati ha rilevato nei soggetti con pioglitazone un minor rischio di morte (hazard ratio 0,86, limiti di confidenza al 95% da 0,75 a 0,98) e di scompenso cardiaco (hazard ratio 0,77, limiti di confidenza al 95% da 0,69 a 0,87), ma non di infarto del miocardio (hazard ratio 0,95, limiti di confidenza al 95% da 0,81 a 1,11).

In pratica
Si conferma per il rosiglitazone un aumento del rischio di eventi cardiovascolari.
Lo studio confrontava tra loro i due glitazoni ma non inseriva nel confronto gli altri antidiabetici orali, per cui non esclude che il pioglitazone a sua volta aumenti il rischio cardiovascolare, ma indica solo un profilo di maggior sicurezza rispetto al rosiglitazone.

Bibliografia
Juurlink D, Gomes T, et al. Adverse cardiovascular events during treatment with pioglitazone and rosiglitazone: population based cohort study. Brit Med J 2009;339:b2942.

3 Cancro della prostata: terapia ormonale da usare di caso in caso

La terapia ormonale neoadiuvante nei soggetti con cancro della prostata aumenta la mortalità nei soggetti che hanno una storia di scompenso o infarto miocardico.
Un gruppo di ricercatori statunitensi ha seguito nel tempo 5.077 pazienti (età media 69,5 anni) con cancro della prostata localizzato o localmente avanzato trattati o meno con terapia ormonale seguita da radioterapia.
Al follow up di 5 anni i soggetti che avevano già prima del trattamento una cardiopatia su base ischemica con infarto o scompenso avevano un aumento della mortalità da tutte le cause (rischio di morte 26,3% rispetto a 11,2%, p=0,04), mentre i soggetti senza cardiopatia non avevano alcun aumento di rischio (9,6% nei trattati rispetto a 6,7% nei non trattati, hazard ratio 0,97, p=0,86).

In pratica
La terapia ormonale neoadiuvante (con leuprolide, goserelin, bicalutamide o flutamide) non va prescritta in caso di soggetti con cancro della prostata e storia di infarto del miocardio o scompenso cardiaco da causa ischemica. Il beneficio sul tumore è infatti ampiamente superato dall’aumento del rischio cardiovascolare. La terapia va riservata ai soggetti senza storia di cardiopatia ischemica.

Bibliografia
Hormonal therapy use for prostate cancer and mortality in men with coronary artery disease-induced congestive heart failure or myocardial infarction. JAMA 2009;302:866-73.

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