N. 48 - 28 July 2009
numero 48
28 Jul 2009

numero 48 - 28 luglio 2009

In questo numero:
Bifosfonati e antiangiogenetici: rischio osteonecrosi della mandibola
La lezione del destropropossifene
Non cambia il profilo di sicurezza di insulina glargine

1 Osteonecrosi della mandibola e farmaci antiangiogenetici

I farmaci antiangiogenetici usati in molte patologie tumorali potrebbero aumentare il rischio di necrosi della mandibola legato all’uso dei bifosfonati nei pazienti con metastasi.
L’associazione tra bifosfonati, soprattutto per via endovenosa, e osteonecrosi della mandibola, specie nei soggetti con fattori predisponenti, è ormai assodata (vedi Reazioni cartaceo n. 1-2007, pagina 6, Osteonecrosi della mandibola e bifosfonati). A partire dal 2008 però sono comparse segnalazioni preoccupanti sul fatto che l’uso concomitante di questi farmaci con gli inibitori dell’angiogenesi (in particolare bevacizumab e sunitinib) possa aumentare il rischio di questa grave reazione avversa.
Nell’ultimo anno e mezzo in letteratura scientifica sempre più spesso sono comparsi articoli su questo argomento (vedi Bibliografia). Forniamo i risultati più importanti:
  1. Studio retrospettivo di Aragon: sono stati analizzati 60 pazienti con cancro della prostata non sensibile alla castrazione trattati tra l’altro con bifosfonati e bevacizumab; in 11 casi si è avuta un’osteonecrosi della mandibola (incidenza 18,3%)
  2. Studio retrospettivo di Christodoulou: su 116 pazienti trattati con bifosfonati e con o senza farmaci antiangiogenetici si sono osservati 5 casi di osteonecrosi della mandibola (indicenza: 4,3%), con notevole variabilità tra i due sottogruppi (incidenza 1,1% nei soggetti trattati con solo bifosfonati rispetto a 16% in quelli trattati anche con bevacizumab o sunitinib, p=0,008).
  3. Studio retrospettivo di McArthur: su 8.681 paziente analizzati si sono avuti 80 casi di osteonecrosi della mandibola (incidenza 1,1%), con diversa incidenza nei sottogruppi di pazienti (bifosfonati da soli 1%, bevacizumab da solo 0%, bifosfonati più bevacizumab 2%).
A questi studi retrospettivi si aggiungono le varie segnalazioni di case report, tra le quali una, quella di Estilo (vedi bibliografia) è l’unica nella quale è comparsa un’osteonecrosi della mandibola in due pazienti trattati con bevacizumab ma non con bifosfonati.

In pratica
Vista la diffusione dell’uso concomitante di bifosfonati (per le metastatasi) e di farmaci antiangiogenetici (per contrastare la crescita della malattia tumorale) occorre avere ben presente il rischio di osteonecrosi della mandibola. I farmaci antiangiogenetci potrebbero sommare la propria azione a quella dei bifosfonati, che pure hanno un’azione negativa sulla crescita vasale, e ciò spiegherebbe la maggior incidenza della reazione avversa in chi fa uso di entrambi i farmaci.
Il consiglio è di valutare il paziente prima della prescrizione, tenendo presente che ci sono altri fattori di rischio (per esempio un’estrazione dentale recente o la chirurgia odontoiatrica precedente) che devono indurre a sconsigliare l’uso contemporaneo dei due farmaci.

Bibliografia
1. Aragon-Ching J, Ning Y, et al. Higher incidence of osteonecrosis of the jaw (ONJ) in patients with metastatic castration resistant prostate cancer treated with anti-angiogenic agents. Cancer Invest 2009;27:221-6.
2. Christodoulou C, Pervena A, et al. Combination of bisphosphonates and antiangiogenetic factors induces osteonecrosis of the jaw more frequently than bisphosphonates alone. Oncology 2009;76:209-11.
3. McArthur H, Estilo C, et al. Osteonecrosi of the jaw (ONJ) among intravenous (IV) bisphosphonate and/or bevacizumab-treated patients at Memorial Sloan-Kettering Cancer Center. J Clin Oncol 2008;26:abstr 9588).
4. Estilo C, Fornier M, et al. Osteonecrosis of the jaw related to bevacizumab. J Clin Oncol 2008;26:4037-8.
5. Aragon-Ching J, Dahut W. Osteonecrosis of the jaw and the use of antiangiogenic agents: just an association? Oncologist 2009;2008;13:1314.
6. Ayllon J, Launay-vacher V, et al. Osteonecrosis of the jaw under bisphosphonate and antiangiogenic therapies: cumulative toxicity profile? Ann Oncol 2009; 20:600-1.
7. Brunello A, Saia G, et al. Worsening of osteonecrosis of the jaw during treatment with sunitinib in a patient with metastatic renal cell carcinoma. Bone 2009;44:173-5.
8. Greuter S, Schmid F, et al. Bevacizumab-associated osteonecrosis of the jaw. Ann Oncol 2008;DOI:10.1093/annonc/mdn653.

2 La corretta informazione salva la vita

La storia del coproxamolo insegna che una buona informazione sulle reazioni avverse ai farmaci può salvare vite umane. Il farmaco, un’associazione tra destropropossifene e paracetamolo, in commercio in Gran Bretagna fino a due anni fa, era il più usato a scopi suicidi grazie all’effetto negativo del dextropropossifene sulla funzione respiratoria e sulla conduzione cardiaca. Proprio a fronte di questa alta tossicità e dell’indice terapeutico ridotto, le autorità sanitarie d’oltremanica nel gennaio 2005 hanno preso posizione informando gli operatori sanitari e i cittadini della pericolosità del farmaco e hanno previsto la sospensione della commercializzazione entro la fine del 2007, consigliandone l’uso solo in casi particolari e ben definiti. L’EMEA nel giugno di quest’anno ha raccomandato la sospensione dal commercio dei medicinali contenenti propossifene da solo o in associazione perché i rischi superano i benefici.
Ora un gruppo di medici britannici pubblica i dati su quanto è accaduto dopo il primo annuncio nel 2005 in Gran Bretagna: che cosa è successo delle morti per suicidio farmacologico e per intossicazione involontaria?
Anzitutto l’uso dell’associazione è crollato dopo l’annuncio del Committee on Safety of Medicines: nei primi sei mesi del 2005 sono venute meno oltre un milione di prescrizioni. A fronte della riduzione del consumo si è osservata anche una riduzione del 62% dei casi di morte da intossicazione (volontaria o meno) da coproxamolo, per un totale di 295 morti in meno nei due anni che hanno portato alla sospensione della commercializzazione. Inoltre è emerso che la riduzione dei casi di suicidio da farmaci è stata assoluta, nel senso che il numero dei suicidi in totale è diminuito e che il coproxamolo non è stato quindi sostituito da un altro farmaco nella scelta di togliersi la vita in questa maniera.

In pratica
L’esempio del coproxamolo, non in commercio in Italia, insegna che la corretta informazione e le decisioni prese dalle autorità sanitarie riguardo alla sicurezza dei farmaci in commercio influenzano il comportamento degli operatori sanitari e dei cittadini.

Bibliografia
Hawton K, Bergen H, et al. Effect of withdrawal of co-proxamol on prescribing and deaths from drug poisoning in England and Wales: time series analysis. Brit Med J 2009;338:b2270.
Il comunicato stampa dell’EMEA

3 L’insulina glargine non sembra aumentare il rischio di cancro

Non ci sono al momento dati certi per affermare che l’uso di insulina glargine comporti un aumento del rischio di cancro, in particolare di cancro della mammella. Sono in sintesi le conclusioni di un comunicato stampa che l’EMEA, l’Agenzia europea dei medicinali, ha appena pubblicato a seguito di alcuni lavori usciti nella letteratura scientifica.
L’insulina glargine è un analogo dell’insulina a lunga durata d’azione, utilizzato nei soggetti con diabete dopo i sei anni di età, commercializzato con i marchi Lantus® e Optisulin®.
Le preoccupazioni nascono da quattro studi di registro, che sono stati analizzati dal Comitato tecnico dell’EMEA (CHMP). Le conclusione degli esperti dell’Agenzia sono unanimi: a causa delle limitazioni metodologiche degli studi non ci sono prove conclusive che consentano di porre in relazione l’uso dell’insulina glargine con il cancro. Inoltre i risultati degli studi non sono coerenti tra loro e quindi non forniscono un quadro chiaro.

In pratica
Non ci sono a oggi motivi per modificare le informazioni prescrittive dell’insulina glargine, non essendoci prove affidabili di una sua associazione con l’aumento del rischio di cancro.
Le autorità hanno comunque chiesto all’azienda produttrice di sviluppare una strategia per sviluppare ulteriori ricerche in quest’area. Inoltre il Comitato dell’EMEA sta esplorando la possibilità di collaborare con le università per la raccolta di ulteriori dati.

Per saperne di più
Il comunicato stampa dell’EMEA
Gli articoli che hanno sollevato la questione

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