N. 36 - 28 November 2008
numero 36
28 Nov 2008

n. 36 - 28 novembre 2008

In questo numero:
2008: tagliato il traguardo delle 10.000 segnalazioni
Rischio trombosi con il bevacizumab
Effetti avversi da terapia efficace

1 Per la prima volta superate le 10.000 segnalazioni all’anno

La scorsa settimana nella Rete nazionale di farmacovigilanza sono state superate le 10.000 segnalazioni di reazioni avverse da farmaci nel corso del 2008; per la fine dell’anno è quindi prevedibile di sfiorare le 12.000, raggiungendo per la prima volta il tasso di 200 segnalazioni per milione di abitanti. E’ un risultato importante se si considera che due anni fa le segnalazioni erano circa 6.000 per anno e che l’aumento delle segnalazioni è un fenomeno generalizzato in quasi tutte le regioni italiane.
Ciononostante restano grandi disuguaglianze tra regione e regione, con Toscana e Lombardia che superano le 300 segnalazioni per milione di abitanti e molte altre regioni che, invece, non raggiungono le 100 segnalazioni. Veneto ed Emilia-Romagna supereranno le 200 segnalazioni per milione. Puglia, Piemonte, Liguria, Campania e Provincia Autonoma di Bolzano mostrano pure notevoli incrementi.
In più l’approvazione dei progetti per i Fondi regionali per la farmacovigilanza e la stipula delle convenzioni tra AIFA e regioni, che è iniziata, lascia sperare per il prossimo anno in un ulteriore aumento delle segnalazioni.
Questo risultato è dovuto alla collaborazione di tutti i segnalatori, medici, farmacisti e infermieri, del personale di farmacovigilanza, delle Aziende sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere e del personale dei Centri regionali. A tutti va il ringraziamento dell’Ufficio di Farmacovigilanza dell’AIFA, con l’augurio di proseguire su questa strada.

2 Bevacizumab e trombosi venosa

Il bevacizumab, usato come antiangiogenetico nel trattamento di diversi tumori solidi, aumenta il rischio di tromboembolia venosa. Questa è di per sé una delle maggiori cause di morbilità e mortalità da cancro per cui è importante sapere se le terapie poste in atto hanno a loro volta un effetto protrombotico. I dati relativi al bevacizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro il fattore di crescita endoteliale (EGF), erano finora poco chiari al riguardo. Alcuni ricercatori statunitensi hanno perciò condotto una revisione sistematica con relativa metanalisi che ha individuato 15 studi controllati e randomizzati nei quali erano disponibili dati su trombosi e trattamento con bevacizumab. L’incidenza globale di tromboembolia venosa di qualunque grado nei trattati era 11,9% (limiti di confidenza al 95% da 6,8% a 19,9%), mentre nel 6,3% dei casi (limiti di confidenza al 95% da 4,8% a 8,3%) si osservava un episodio trombotico di alto grado. I trattati avevano un rischio relativo di trombosi di 1,33 (limiti di confidenza al 95% da 1,13% a 1,56%) rispetto ai controlli, indipendentemente dal dosaggio del farmaco (2,5 o 5 mg/kg a settimana).

In pratica
L’uso del bevacizumab si associa a un aumento del rischio di trombosi. Ciò vale per tutti i tipi di tumore, ma particolarmente in quelli delle vie aeree e digestive e nel mesotelioma. Solo in questi casi sembra pertanto indicata una profilassi per ridurre il rischio.
In caso di comparsa di trombosi venosa, questa va immediatamente trattata con anticoagulanti, mentre il bevacizumab può essere continuato se i benefici superano i rischi.
E’ bene comunque che medici e pazienti siano a conoscenza di questo possibile effetto avverso.

Bibliografia
Rani Nalluri S, Chu D. Risk of venous thromboembolism with the angiogenesis inhibitor bevacizumab in cancer patients. JAMA 2008;300:2277-85.

3 Il lato buono degli effetti avversi

Non tutti gli effetti avversi vengono per nuocere. A volte la loro comparsa indica infatti che la terapia sta facendo il suo effetto e ciò accade quando il meccanismo d’azione del farmaco è analogo per quanto concerne la sua efficacia e alcuni suoi possibili effetti collaterali. E’ il caso della terapia ormonale adiuvante in corso di cancro della mammella con recettori estrogenici positivi in post menopausa. Nell’ambito dello studio ATAC, di confronto tra tamoxifene e anastrozolo, è stata analizzata la possibile correlazione tra comparsa di sintomi legati alla riduzione o al blocco degli estrogeni (in particolare sintomi vasomotori e disturbi articolari a tre mesi dall’inizio del trattamento) ed effetto della terapia sulle recidive di tumore.
Le 1.486 donne che riportavano questi sintomi avevano un minor tasso di recidiva rispetto alle 2.478 che avevano tollerato il farmaco senza effetti avversi (hazard ratio 0,84, limiti di confidenza al 95% da 0,71 a 1,00) e ciò era ancor più vero per quelle che avevano i sintomi articolari (hazard ratio 0,60, limiti di confidenza al 95% da 0,50 a 0,72).

In pratica
La comparsa di effetti avversi da carenza estrogenica è un utile marcatore dell’efficacia della terapia con tamoxifene o anastrozolo in caso di tumore della mammella con recettori per estrogeni.
Questa osservazione può essere trasferita alla donna in trattamento per rassicurarla e per migliorare la sua aderenza alla terapia, spiegandole che sono segni dell’efficacia della cura in corso.

Bibliografia
Cuzick J, Sestak I, et al. Treatment-emergent endocrine symptoms and the risk of breast cancer recurrence: a retrospective analysis of the ATAC trial. Lancet 2008;DOI:10.1016/S1470-2045(08)70259-6.

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