N. 2 - 26 March 2007
numero 2
26 Mar 2007

Numero 2, 26 marzo 2007

In questo numero:
1. Rosiglitazone e aumento del rischio di fratture
2. Ginecomastia da prodotti a base di lavanda e albero del tè
3. Bypass: aumenta la mortalità a lungo termine con l'aprotinina

1 Il rosiglitazone aumenta le fratture in donne diabetiche trattate

Una Nota informativa importante invita alla cautela i medici italiani nell’uso del rosiglitazone (Avandia® e Avandamet®, nel quale è in associazione con la metformina) nelle donne diabetiche. La segnalazione viene da un importante studio, l’ADOPT (acronimo per A Diabetes Outcome and Progression Trial), condotto su oltre 4.000 soggetti seguiti fino a 6 anni di follow up, al termine del quale è emerso un dato inatteso: un aumento significativo delle fratture del piede, della mano e del braccio (omero) nelle donne diabetiche trattate con il farmaco rispetto a quelle del gruppo in terapia con metformina o glibenclamide. Tale incremento (il 9,30% delle donne trattate con rosiglitazone ha subito una frattura rispetto al 5,09% di quelle trattate con metformina e al 3,47% di quelle trattate con glibenclamide) non ha al momento una causa certa; si stanno facendo ulteriori valutazioni per capire come il farmaco possa interferire in tal senso.
Va comunque sottolineata l’osservazione che l’aumento delle fratture non è a prima vista riconducibile a un’osteoporosi post menopausale, quanto meno per le sedi di frattura: le fratture tipiche da osteoporosi nelle donne in post menopausa (anca e colonna vertebrale) non erano infatti aumentate dalla terapia con rosiglitazone.

CONSIGLIO
Il consiglio è di porre particolare attenzione al rischio di fratture nella gestione delle pazienti che sono attualmente trattate con rosiglitazone o in quelle per le quali si stia valutando l’inizio di tale terapia.

2 Attenzione a lavanda e albero del tè nei bambini in etĂ  prepubere

Sono solo 3 casi ma potrebbero essere un segnale di una condizione molto più diffusa. Si tratta di 3 bambini di 4, 7 e 10 anni che hanno sviluppato una ginecomastia inspiegabile visto che i loro livelli di estrogeni erano assolutamente normali. La ginecomastia è frequente durante la pubertà (colpisce quasi il 60% dei ragazzi in questa fase di sviluppo) ma è rara e soprattutto sovente inspiegata prima della pubertà. Alcuni pediatri di Denver hanno studiato questi 3 casi di ginecomastia per capirne la causa e l'hanno trovata nell'uso di prodotti a base di lavanda e albero del tè (da non confondere quest'ultimo con la pianta del tè usata per gli infusi).
Un bambino, il più piccolo, dopo il bagnetto veniva spalmato con un olio balsamico a base di lavanda (Lavandula angustifolia), quello di età intermedia usava un sapone a base di lavanda e una lozione sempre a base di lavanda, mentre il più grandicello usava un gel e uno shampoo che contenevano lavanda e derivati dell'albero del tè. Per confermare il legame tra queste piante e la ginecomastia dei bambini, i ricercatori hanno seguito due strade. Anzitutto hanno provato a sospendere l'uso di tali prodotti: la ginecomastia è regredita, a dimostrare un rapporto di causa-effetto. Inoltre hanno studiato in modelli di cellule umane l'eventuale effetto estrogenico di lavanda e albero del tè, che pure hanno trovato anche se non era mai stato segnalato.

CONSIGLIO
Visto l'ampio uso nella cosmesi di prodotti a base di lavanda e di albero del te, il pediatra dovrebbe mettere in guardia le mamme dall'usare nei bambini olii, gel, shampo e lozioni che contengano derivati di queste piante la cui azione estrogenica e antiandrogena può interferire con il normale sviluppo in epoca prepuberale.

3 L’aprotinina usata durante i bypass aumenta la mortalitĂ 

L’aprotinina, farmaco ampiamente usato nel mondo (si calcolano almeno 4 milioni di pazienti trattati ogni anno), aumenterebbe la mortalità a lungo termine (5 anni) dopo un intervento di bypass. Usata nel corso dell’operazione per le sue proprietà antiemorragiche (consentirebbe una minor perdita di sangue), l’aprotinina era già stata nell’occhio del ciclone lo scorso anno per una serie di osservazioni che sembravano segnalarne la nefrotossicità, con addirittura casi di dialisi.
Ora uno studio osservazionale di mortalità condotto su 4.374 pazienti in 69 centri tra Stati Uniti ed Europa si conclude invitando a evitarne l’uso, anche perché “ci sono alternative più sicure e meno costose come l’acido aminocaproico e l’acido tranexamico”.1
Valutando i dati è emerso che nei pazienti trattati con aprotinina si aveva un aumento significativo della mortalità a 5 anni rispetto ai controlli (20,8% vs 12,7%, hazard ratio 1,48), mortalità che invece non era influenzata negativamente dagli altri farmaci usati allo stesso scopo.
Questo studio si inserisce in una discussione in atto da tempo sulla sicurezza ma anche sull’efficacia dell’aprotinina. Nel 2006, dopo la pubblicazione di un primo studio, l’FDA convocò il Cardiovascular and Renal Drug Advisory Committee per valutare la sicurezza dell’aprotinina. Il comitato, il 21 settembre 2006, concluse che il profilo rischio-beneficio del farmaco rimaneva favorevole e che non erano necessarie ulteriori modificazioni della scheda tecnica del prodotto.
Pochi giorni dopo la FDA venne a conoscenza dell’esistenza di uno studio osservazionale, commissionato dall’azienda produttrice, la Bayer, su 67.000 pazienti, che rilevava un’associazione tra aprotinina e aumentato rischio di morte, insufficienza renale e cardiaca e ictus. Questa mancanza di trasparenza è stata severamente stigmatizzata da WR Hiatt, sul New England Journal of Medicine, il quale in un editoriale di commento2 concludeva: “La storia dell’aprotinina dimostra che nella valutazione dei dati di una ricerca rilevante per la sicurezza di un farmaco e la salute pubblica sono essenziali la comunicazione completa dei risultati e un processo di trasparenza”.
L’aprotinina non è in commercio in Italia. Lo era, con un uso molto ampio nelle sale operatorie, fino al 1998, quando fu ritirata dal mercato dalla CUF per il rischio derivante dall’origine bovina del preparato. Nel momento in cui si doveva valutare l’eventuale riammissione in commercio dell’aprotinina, la Commissione unica del farmaco (CUF) decise che il profilo rischio-beneficio del farmaco non era favorevole. La CUF, nella riunione del 26 maggio 1998, valutò che negli altri paesi europei e in USA il Trasylol® (aprotinina) aveva l’indicazione: “in cardiochirurgia per limitare la perdita di sangue”. Tale indicazione era sostenuta da una documentazione in parte non recente e come tale non del tutto adeguata ai criteri di validità attuali (GCP). Inoltre erano emersi dati che ponevano in dubbio l’innocuità del prodotto.
A quanto pare, i dubbi sull’efficacia e la tollerabilità dell’aprotinina permangono.

PER SAPERNE DI PIU'

1. Mangano D, Miao Y, et al. Mortality associated with aprotinin during 5 years following coronary artery bypass graft surgery. JAMA 2007;297:471-9.
2. Hiatt WR. Observational studies of drug safety - aprotinin and absence of transparency. N Engl J Med 2006;355:2171-3.

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