N. 17 - 12 October 2007
numero 17
12 Oct 2007

n. 17 - 12 ottobre 2007

In questo numero:
L'importanza della contraccezione per i farmaci teratogeni
I rischi della pubblicità diretta sui farmaci
Cautela con gli steroidi prenatali

1 Farmaci teratogeni somministrati senza consiglio

I farmaci che possono avere effetti teratogeni vengono spesso somministrati senza consigliare alle donne in età fertile un’adeguata contraccezione durante il periodo di trattamento. E’ quanto emerge da un ampio studio condotto in California da alcuni ricercatori dell’Università di Pittsburgh in Pennsylvania e del Women’s Health Research Institute di Oakland in California. Analizzando le prescrizioni fornite a 488.175 donne tra i 15 e i 44 anni di età nel corso del 2001 è emerso che in un sesto dei casi era stato prescritto un farmaco dalle potenzialità teratogene. A fronte di questo dato però non c’era una prescrizione parallela di farmaci anticoncezionali o di consigli. In sostanza le donne trattate con un farmaco a rischio per l’eventuale feto ricevevano un counseling sulla necessità di evitare una gravidanza con la stessa frequenza delle donne trattate con farmaci non a rischio (48% rispetto a 51%). Inoltre le donne trattate con farmaci potenzialmente teratogeni avevano una probabilità di avere una gravidanza solo di poco inferiore alle altre (1,0% rispetto a 1,4%) nei tre mesi successivi alla prescrizione, a conferma della mancanza di counseling al riguardo.

In pratica
Ogni volta che si prescrive un farmaco dalle potenzialità teratogene a una donna in epoca fertile occorre metterla in guardia sui possibili danno al feto in caso di gravidanza e consigliare di adottare metodi contraccettivi efficaci. Nel database americano i farmaci più spesso somministrati senza fornire il consiglio erano antibiotici, benzodiazepine e farmaci psichiatrici.

Bibliografia
Schwarz E, Postlethwaite D, et al. Documentation of contraception and pregnancy when prescribing potentially teratogenic medications for reproductive-age women. Ann Intern Med 2007;147:370-6.

2 La pubblicità diretta delle aziende farmaceutiche ai cittadini? No grazie

Aziende farmaceutiche e agenzie regolatorie europee dovrebbero collaborare tra loro ma non nel campo dell’informazione al pubblico. In sintesi questa è la tesi sostenuta da Nicola Magrini, farmacologo del CeVEAS di Modena e da Maria Font, farmacista di Verona, presidente della società dei bollettini indipendenti sui farmaci, sulle pagine del British Medical Journal dopo che un documento della Commissione europea pubblicato ad aprile invitava le due parti a unire le proprie forze per migliorare la qualità e la disponibilità delle informazioni al pubblico.
Secondo i due editorialisti questa potrebbe essere l’anticamera di un tentativo di liberalizzare la pubblicità diretta delle aziende verso il pubblico anche per i farmaci etici. Nel mondo sono solo due i paesi che hanno una legislazione che concede la pubblicità diretta: Stati Uniti e Nuova Zelanda, nei quali tale possibilità ha portato a un aumento della domanda anche di farmaci nuovi con notevoli problemi di sicurezza, come dimostra il caso del rofecoxib che era stato lanciato con una campagna pubblicitaria imponente e martellante. Ciò senza migliorare lo stato di salute della popolazione.
Le informazioni per il pubblico e per gli operatori sanitari dovrebbero avere tre caratteristiche: essere attendibili, cioè derivate da prove dalla letteratura, comparative, cioè tali da consentire il confronto tra i vari trattamenti e adeguate ai destinatari. E’ su questo che devono lavorare le agenzie regolatorie e in questo senso l’AIFA si sta muovendo con i suoi vari progetti di comunicazione.
Secondo Magrini e Font il ruolo fondamentale delle aziende farmaceutiche in questo ambito dovrebbe essere quello di fornire tutti i dati in loro possesso, anche quelli di protocolli non registrati, sul versante sia dell’efficacia sia della sicurezza con l’obiettivo finale di garantire ai cittadini tutte le informazioni per poter fare scelte consapevoli riguardo alla propria salute.

Bibliografia
Magrini N, Font M. Direct to consumer advertising of drugs in Europe. Brit Med J 2007;335:526.

3 Steroidi prenatali da usare con giudizio

Le dosi ripetute di steroidi somministrate alla madre in caso di rischio di parto prematuro sono più efficaci del trattamento steroideo a singola dose ma lasciano aperti dubbi sulla loro sicurezza.
Due ampi studi randomizzati multicentrici condotti l’uno negli Stati Uniti e l’altro in Australia su oltre 1.500 donne gravide si sono posti il medesimo obiettivo: valutare l’esito a distanza di tempo della terapia steroidea con più dosi rispetto a quella a dose singola centrando l’attenzione sullo sviluppo del bambino a 2 anni di età.
Nello studio australiano non sono emerse differenze nei bambini dei due gruppi per quanto riguardo lo sviluppo psicofisico, se si eccettua un rischio maggiore di problemi dell’attenzione (p=0,04). Lo studio statunitense ha confermato i dati per quanto riguarda le misure antropometriche e i test intellettivi, ma ha segnalato un preoccupante incremento dei casi di paralisi cerebrale (rischio relativo 5,7, limiti di confidenza al 95% da 0,7 a 46,7, p=0,12) anche se il dato non raggiungeva la significatività statistica.

In pratica
Si sta diffondendo la tendenza a ricorrere alle dosi multiple di steroidi nelle donne che hanno un rischio di parto prematuro, sulla base dei risultati di alcuni studi randomizzati che hanno dimostrato una maggiore efficacia di questo schema di trattamento in termini di peso alla nascita ed esiti neonatali. La preoccupazione che la terapia più intensa rispetto alla convenzionale possa comportare effetti avversi anche gravi non viene cancellata dai risultati dei due studi, almeno per quanto rigurda il rischio di paralisi cerebrale. Nell’attesa di avere nuovi risultati da ulteriori studi al riguardo è bene tenere una condotta di cautela.

Bibliografia
Crowther C, Doyle L, et al. Outcomes at 2 years of age repeat doses of antenatal corticosteroids. N Engl J Med 2007;357:1179-89.
Wapner R, Sorokin Y, et al. Long-term outcomes after repeat doses of antenatal corticosteroids. N Engl J Med 2007;357:1190-8.

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